Il futuro dopo il coronavirus non si può prevedere. Ma si può costruire

In momenti di crisi si sente ancora più forte la necessità di prevedere il futuro. Una pretesa rassicurante, ma illusoria e depotenziante

Prevedere il futuro (Foto Tumisu da Pixabay)

Fin dagli albori della storia, l’umanità è sempre stata terrorizzata dall’ignoto. Gli esseri umani coltivano da millenni l’illusione di poter prevedere, e quindi in qualche modo anche controllare, il proprio futuro. Nell’antichità la divinazione era materia riservata a caste di stregoni, sciamani e oracoli, profondamente rispettati e venerati, protagonisti di rituali spettacolari, con tanto di canzoni, danze, preghiere, fuochi.

Con il passare del tempo le tecniche sono cambiate, o si sono evolute, ma la richiesta di vaticinio non è per nulla calata. Tra oroscopi, cartomanzia e chiromanzia, lettura dei dadi, dei fondi di caffè o dell’aura, interpretazioni delle vite precedenti o delle viscere e molte altre varie tipologie di magia, si calcola che ogni anno oltre 10 milioni di italiani si rivolgano al mondo dell’occulto.

Magia o scienza della probabilità?

Eppure persino i razionalisti più scettici, coloro che considerano l’esoterismo poco più di una sciocca superstizione, non sono immuni a questa fame di previsione. Semplicemente, si affidano a strumenti diversi, quelli della scienza della probabilità: dalla statistica all’economia, dalla meteorologia all’ambientalismo, dal marketing alla finanza, dalla sociologia alla futurologia.

In tempi di crisi come quelli della pandemia che stiamo vivendo, poi, le ipotesi sugli scenari futuri non si contano. Ogni giorno le pagine di tutti i giornali e di tutti i siti web sono infestate da interviste a questo o a quell’esperto, medico, virologo, biologo, economista, broker, burocrate, manager o consulente che pretende di tracciare con precisione la linea di tendenza a lungo termine del contagio e della conseguente recessione finanziaria.

Narrazione rassicurante

Peccato che, come si suol dire, ci si azzecchi di più con la palla di vetro. Questi oracoli della scienza si contraddicono quotidianamente l’uno con l’altro e sbagliano più spesso di quanto ci azzecchino. Non soltanto spesso non sono in grado di anticipare con certezza che tempo farà domani, ma tantomeno hanno visto arrivare il drammatico sviluppo del coronavirus, almeno fin quando ormai non era sotto gli occhi di tutti.

Infine c’è chi si rifugia nel complottismo, evocando la mano invisibile di chissà quale grande vecchio o potere forte che si nasconderebbe dietro a questa (come dei resto a tutte le altre) tragedia dell’umanità. La nostra mania del controllo è talmente diffusa che troviamo più rassicurante la narrativa negativa di una congiura, piuttosto della sincera ammissione della totale incertezza dell’avvenire.

La sicurezza non esiste

Eppure la nuda realtà è proprio questa: il futuro è semplicemente imprevedibile. Certo, tanto gli esoteristi quanto gli scienziati sono portatori di un rispettabile sapere specialistico, ma nessuno di loro è completamente in grado di predire l’evoluzione di un sistema complesso, composto da moltissime variabili, ciascuna delle quali interagisce con le altre in infiniti modi. Pretendere di conoscere in anticipo la direzione verso la quale ci stiamo dirigendo è e rimane, oggi come ieri, semplicemente un’illusione.

Questa consapevolezza sarà anche difficile da digerire per quella parte del nostro cervello razionale che insiste invano nel voler controllare e governare gli avvenimenti esterni, che pure non dipendono da noi, ma che ci inducono una paura e una sensazione di fragilità assolutamente comprensibili e umane. Eppure, dall’altro lato, è anche una presa di coscienza capace di aprire straordinarie possibilità per la nostra motivazione, la nostra speranza e la nostra proattività.

Riprendiamoci il nostro potere

La convinzione che il nostro domani sia determinato da un destino già scritto e immutabile, deciso da qualche entità (soprannaturale o umana) che sta sopra a tutte le nostre teste, infatti, sarà anche rassicurante, per certi versi, ma è anche altrettanto deresponsabilizzante. Se è qualcun altro ad aver deciso come andrà a finire, la colpa è tutta sua: noi non abbiamo alcuna possibilità di incidere, e tanto vale abbandonarsi al pessimismo, alla diffidenza, al vittimismo, all’impotenza e al lamento continuo. Ovvero, non fare nulla di concreto per cambiare le cose, trasformando così la predizione nefasta in una profezia autoavverante.

Ma se invece prendiamo atto del fatto che l’avvenire è ancora tutto da decidere, allora sì che ci riappropriamo di quel potere di incidere attivamente su di esso, essendo noi, tanto come singoli individui quanto come collettività, una di quelle innumerevoli variabili che lo determineranno. Se il futuro è una continua sorpresa, allora è una nostra responsabilità quella di metterci in gioco in prima persona per immaginare (prima) e realizzare (poi) uno sviluppo positivo.

Dalla previsione alla costruzione del futuro

E se anche tra queste sorprese si anniderà qualche problema, è altrettanto nostra responsabilità quella di allenare le nostre risorse e le nostre potenzialità in modo da potervi rispondere, poterlo affrontare, invece di metterci sulla difensiva o scappare di fronte ad esso. Insomma, nessuno di noi sa realmente come apparirà il mondo dopo la fine della quarantena. Semplicemente, accettiamolo. Smettiamola di cercare di prevedere il futuro e iniziamo ad impegnarci per costruirlo.

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