Riscoprire la gratitudine ai tempi del coronavirus

L’antidoto più potente alla paura e alla rabbia si chiama gratitudine. I motivi per praticarla sono tanti, perfino in questo momento difficile di quarantena

Gratitudine (Foto di June Laves da Pixabay)
Gratitudine (Foto di June Laves da Pixabay)

In un momento di quarantena come quello che stiamo vivendo, è facile (e comprensibile) che il nostro pensiero tenda a concentrarci su tutto quello che non va, su tutto quello che va storto, sui problemi che ci tocca affrontare. Non possiamo uscire di casa, ci sentiamo soli, non possiamo andare al lavoro, la nostra attività perde clienti o rischia addirittura una crisi, proviamo la mancanza dei nostri amici o delle persone che amiamo. La conseguenza inevitabile di questi pensieri sono due emozioni: paura e rabbia.

Il motivo per il quale siamo così predisposti a farci travolgere da questo stato d’animo negativo è da ricondurre alla struttura stessa del nostro cervello. Che non è stato programmato dalla natura per renderci felici, ma soltanto per farci sopravvivere. I nostri milioni di neuroni sono costantemente e unicamente concentrati sulla nostra sopravvivenza: ovvero, sulla ricerca, sulla previsione, sull’analisi e sull’amplificazione di qualsiasi potenziale minaccia o rischio. Questo meccanismo produce non solo un’enorme quantità di dubbi e domande inutili, che sprecano le nostre energie mentali, ma anche una serie di convinzioni limitanti che ci bloccano e ci impediscono di esprimere le nostre potenzialità.

Per quanto la situazione che stiamo vivendo sia favorevole (e certamente quella di questi giorni non lo è, per tutta la collettività), se ci intestardiamo a cercare quello che non va, troveremo sempre qualcosa di cui rammaricarci o lamentarci. Ma vale anche l’opposto: per quanto critico o difficile sia il periodo che affrontiamo, porterà comunque con sé qualcosa di bello e di buono. Dipende solo da cosa scegliamo di concentrarci, e questa è unicamente una nostra scelta. Abbiamo sempre la possibilità di abbandonare la nostra mentalità di timore e di scarsità, per abbracciarne una di abbondanza e di gratitudine.

L’esercizio per allenare la gratitudine

Naturalmente, anche la gratitudine è una potenzialità che va allenata: dobbiamo abituare il cervello a cercare e ad apprezzare ciò che abbiamo, invece di ciò che ci manca; quello che va, invece di quello che non va. Possiamo cominciare a farlo quotidianamente, magari ogni mattina, praticando un piccolo esercizio per il quale bastano una decina di minuti. Sediamoci, concentriamoci sui nostri respiri lunghi e profondi e allineiamoli al battito del nostro cuore. A quel punto pensiamo a tre cose, soltanto tre, per le quali ci sentiamo grati. Possono essere piccole o grandi, passate, presenti o future. La cosa importante è che non ci limitiamo a ragionarci razionalmente, ma che le visualizziamo, le sentiamo, ci immergiamo nello stato emotivo che ci suscitano.

Vi assicuro che, persino nei giorni più bui, come questi, ne possiamo trovare tante. La salute per chi di noi è rimasto immune dal contagio, il tempo che prima ci mancava e di cui ora disponiamo in quantità, l’occasione di riprendere in mano quelle attività e quei progetti che avevamo sempre accantonato, il piacere di condividere momenti in casa con le nostre famiglie, persino la primavera che sta sbocciando fuori dalle nostre case, incurante del coronavirus. È un esercizio ostico, soprattutto all’inizio, ma potente. Ma, soprattutto, è un allenamento che ci preparerà a ripartire con una vita ancora più felice, quando finalmente ci lasceremo alle spalle questa emergenza.

Pensate a quanta felicità proveremo semplicemente potendo uscire liberi di casa, goderci la bella stagione che sarà arrivata e incontrare e abbracciare i nostri affetti. Quante nuove occasioni di gratitudine ci si presenteranno, ora che saremo allenati a valorizzarle. E a quante volte, invece, nel passato, le abbiamo date per scontate, concentrandoci piuttosto sui piccoli problemi di ogni giorno, che oggi non sembrano più avere quella dimensione e quell’importanza che gli avevamo dato.

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